giovedì 3 luglio 2014

Il fascino discreto dell'Ipocrisia

Cosa governa la politica internazionale? L'ipocrisia; anzi, l'utilizzo ipocrita di idee. Cos'è un terrorista?  Assad, Hezbollah, i pasdaran e le milizie irachene che da tre anni devastano la Siria sono terroristi, appare chiaro a tutti: si comportano da terroristi, sono intrisi di fondamentalismo e, fondamentalmente, sono sanguinari assassini (cosa che dovrebbe renderli, al di la di qualsiasi concettualizzazione tecnica, dei terroristi). Perché l'America, portavoce della libertà, della democrazia, dei diritti umani (le "grandi" conquiste del nostro mondo occidentale) non è mai neanche intervenuta con un intervento mirato (ammesso che sia la soluzione) per contrastarli attivamente? Semplice, l'ISIS è un'organizzazione terroristica, mentre un'accurata campagna stampa globale ha convinto il mondo che Hezbollah, Assad e pasdaran no, non lo sono.  è questa l'Ipocrisia della politica internazionale. Come funziona? Si fa leva su i valori condivisi del momento storico (al momento i diritti umani), si strumentalizzano a seconda dei propri interessi, e via: una politica genocida ed estremamente fascista viene spacciata per "polizia anti-terorrismo", tramite barili-bomba, prove inconfutabili di torture sistematiche, di pulizia etnica, di bombe al cloro, di uso di gas sarin, assedi medievali; tutto in nome dei diritti umani, della libertà, della democrazia, della pace. Tuttavia, il comune sentire è stato condizionato da una cabina regia globale che ha saputo convincere che una politica genocida non è terrorismo, l'America ci da sicurezza.....tutto va bene. Ovviamente, i motivi sono altri, maggiormente economici e di geopolitica. Perché l'America fa questo? Il professor Antoine Courban sostiene che  la Casa Bianca intende aiutare l'Iran a divenire la potenza di riferimento regionale: la Casa Bianca intende salvare la casa regnante Saudita, che ha nell'ISIS e in al Qaida il suo peggior nemico "casalingo", la più seria insidia al suo rimanere al potere.


 Credo, conclusione facile, che l'accordo sia:
USA:"ti aiutiamo noi Iran a mantenere il potere, sconfiggiamo i tuoi nemici ed in cambio ci dai il tuo bellissimo oro nero".
Iran:" e come giustificherai il tutto?"
USA:" Tranquillo Iran, ci sono i terroristi. Tu magari non li conosci, è una nostra invenzione: sono dei fantastici personaggi cattivissimi che vogliono distruggere l'occidente, armati da noi ed addestrati negli anni '70 dalla CIA in Afghanistan in funzione anti-sovietica".

Perché l'America non interviene anche in Ucraina, dove i neo-nazisti sono sicuramente un problema più serio alla stabilità della Politica Internazionale, ma soprattutto sono un insulto a quella libertà ed a quella democrazia tanto cari agli USA?

"Oramai siamo all'eclissi totale dei valori, e dopo quel che è accaduto in Siria ogni capovolgimento della realtà agli occhi delle opinioni pubbliche mondiali appare possibile. Questa è la sconfitta vera che abbiamo patito nel caso siriano. Una sconfitta destinata a pesare come un macigno sul futuro di tutti e sul giudizio che la storia, prima o poi, darà della presidenza Obama, avendone il tempo. A prescindere da quale sia l'intenzione per cui il presidente americano si accinge a intervenire in Iraq. Sebbene riluttante..."

giovedì 26 giugno 2014

Tutti erano e sono Testimoni

Uruguay batte Italia 1 a 0; sudamericani avanti, europei fuori. Notizia non troppo interessante. Interessante, però, potrebbe essere prendere il risultato di questa brutta partita di calcio, giocata in questi sporchi mondiali brasiliani, per tentare di raccontare qualcosa rispetto ai rispettivi cosiddetti “capi di stato” di questi due paesi: Josè Mujica e Giorgio Napolitano.

Così ieri sera avevo cominciato, con la voglia di scrivere un articolo che partisse dallo sport per arrivare molto velocemente alla politica. Poi, dopo aver selezionato informazioni, fonti e articoli che ho ritenuto utili al lavoro, sono andato a dormire, lasciando depositare il tutto, aspettando un'acqua più limpida. Questa mattina seguo con attenzione e scoramento una trasmissione radiofonica su Radio Tre, capace spesso di offrire contenuti di gran lunga migliori. Tema della discussione è la partita di ieri, vista però dall'ottica giornalistica-intellettuale, con la presentazione dei migliori articoli odierni sull'argomento, firmati dalle famose penne del giornalismo italiano. L'occasione per tracciare equivalenze tra l'Italia in Brasile e l'Italia in Italia è ghiotta, il parallelismo è semplice e, come me e meglio di me, anche queste penne ben più raffinate colgono la palla al balzo.
Incuriosito dall'idea comune e pronto a rubare spunti illuminanti, alzo il volume e affino l'udito. Purtroppo ci vuole molto poco per accorgermi che un copione fa da sfondo unico, e che tutti questi brillanti scrittori hanno avuto la stessa idea non solo nel fare il ponte tra calcio e politica, ma anche nel modo, nell'estetica e nella struttura di questo ponte.
La chiave più utilizzata è quella che getta l'arco tra la (ridicola) “rottamazione” di Renzi e quella che tocca fare dopo questa sconfitta alla nazionale azzurra. Così come Renzi il salvatore ha spazzato (promesso di spazzare sarebbe più corretto) la vecchia guardia della politica italiana (davvero?!?!), il futuro commissario tecnico & co dovranno fare lo stesso con i “senatori” della squadra.
Che tristezza. I cori unanime sono sempre i più brutti; fanno credere di giocare la partita da soli. Possibile che si riesca a vedere sempre la stessa faccia di questa storia dalle infinite sfaccettature?
La voglia di scrivere l'articolo mi passa. Senso di impotenza angosciante, che credo che abiti tutti i tifosi e giocatori dei saperi “subalterni”; su novanta minuti di partita al massimo si concede loro due minuti di recupero, giusto per non sentirsi dire che questo allenatore ha un modo dittatoriale. (Anche se forse le formazioni gliene passano dall'alto...).

Però è troppo bella la storia di Mujica per non raccontarla almeno in qualche parola; soprattutto poi se messa a confronto con quella di Napolitano!
Sarebbe bello chiedere al grande Giorgio Gaber di scriverci una canzone delle sue, di quelle parlate che partono piano, ti fanno ridere, e poi incalzano ed esplodono, e giù lacrime: “Qualcuno era rivoluzionario”, potrebbe chiamarsi. Rivoluzionario nel senso più bello e onorevole del termine. A voi l'indovinello...

Qualcuno era rivoluzionario (scusa Giorgio, non offenderti! [intendo Giorgio Gaber, ovviamente, non l'altro]) perché era nato da una famiglia di contadini e sapeva cosa significava essere parte del “proletariato”;
Qualcuno non era rivoluzionario perché era nato in una famiglia ricca, suo padre era avvocato, e i proletari li studiava o al massimo ci chiaccherava.

Qualcuno era rivoluzionario perché faceva parte del Movimento di Liberazione Nazionale Tupamaros (MLN-T), una guerriglia nata e rafforzatasi sulla scia della rivoluzione cubana dall'incontro tra il “Movimento di sostegno al contadino” (Movimiento de Apoyo al Campesino) e i sindacati, che ha lottato a difesa del popolo uruguaiano e contro la dittatura militare.
Qualcuno non era rivoluzionario perché era entrato a far parte del Partito Comunista italiano nel 1945, diventando deputato nel 1953 nella circoscrizione di Napoli e rimandoci fino al 1996. Nello stesso anno era divenuto ministro dell'interno nel governo Prodi e lo si ricorda soprattutto per la legge Turco-Napolitano del 1998 sui “centri di permanenza temporanea per gli immigrati clandestini”, un testo che viene definito come il padre della ben più famosa Legge Bossi-Fini (si veda http://www.huffingtonpost.it/giacomo-russo-spena/migranti-quei-lager-chiamati-cie-chiudiamoli_b_4607894.html ).

Qualcuno era rivoluzionario perché durante la dittatura militare è stato incarcerato assieme ai suoi compagni (soprattutto i nove capi del movimento) per circa quindici anni; la polizia uruguaiana, assieme a corpi speciali addestrati dallo statunitense “Office of Public Safety”, sferrò negli anni '70 un duro attacco nei confronti del movimento e, incarcerando i leader, ne minò le fondamenta.
Qualcuno non era rivoluzionario perché il suo passato all'interno del partito comunista lo fa ricordare più come uno di quelle persone che nascono all'interno di un partito, non rompono troppo le scatole a nessuno, e non escono più, nemmeno da morti. Nel PCI (vero) lo si ricorda soprattutto per essere uno dei “moderati” dei maggior peso che, dopo la morte di Togliatti, ha remato a favore dell'avvicinamento alla Democrazia Cristiana. Ah, dimenticavo! È ricordato anche per essere il primo dirigente del PCI ad aver ricevuto il visto per andare negli Stati Uniti!

Qualcuno era rivoluzionario perché durante la prigionia è stato dieci anni in totale isolamento, tenuto in condizione disumane. Per non impazzire ha cominciato a vivere nelle allucinazioni che inevitabilmente aveva. Questo gli permetteva di continuare a vivere. Quando le guardie e i dottori se ne accorsero provarono a riempirlo di psicofarmaci per togliergli anche le allucinazioni; lui finse di prenderli ma non li ingoiava.
Qualcuno non era un rivoluzionario perché l'invito ufficiale per entrare all'interno delle vere cariche politiche lo ricevette anche grazie all'interessamento di un tal Giulio Andreotti.

Qualcuno era un rivoluzionario perché durante la guerriglia contro i militari, questi lo colpirono con sei pallottole; il medico che lo soccorse disse: “Che coglioni che ha X, si afferrava alla barella e diceva: 'non mi lasciate morire, io sono un combattente'. Gli abbiamo dato tredici litri di sangue, che coglioni che ha”.
Qualcuno non era un rivoluzionario perché durante il suo incarico di ministro degli interni, nel 1998, non riuscì a evitare la fuga all'estero del celebre “maestro venerabile” della loggia massonica P2 Licio Gelli, evaso dal carcere “solo” quindici anni prima, nel 1983. Per questo il filosofo Paolo Flores D'Arcais ne chiese le dimissioni.

Si potrebbe andare molto oltre con questa stesura (orgogliosa di essere di parte) dei perché uno “era” e l'altro “non era”. Vi invito a cercare altre storie sul passato di questi due signori anziani e importanti. Passiamo però ora al presente. Tutto si fa ancora più interessante quando arriviamo all'oggi. Come vivono e agiscono questi due capi di stato, almeno dall'inizio dei loro incarichi?

Di nuovo scusa, Giorgio G.!

Qualcuno è un rivoluzionario perché vive in una fattoria con quattro stanze, una cucina, una stufa a legna e una marea di animali. Ha un bel campo che lavora la domenica, quando può riposarsi dal lavoro di presidente, e offre asilo a due famiglie che non sapevano più come fare a vivere ed erano andate a chiedergli aiuto. È possibile incontrare talvolta due signori all'ingresso, quando sono previsti incontri con la stampa e simili.
Qualcuno non è un rivoluzionario perché vive in un palazzo con circa 1200 stanze e 1720 dipendenti (da notare un importante miglioramento, poiché nel 2006 il personale contava 2181 persone!).

Qualcuno è rivoluzionario perché percepisce 12'000 dollari al mese ma ne prende il 90%....90%...cioè 90 su 100, e lo deposita in un fondo di assistenza per chi ne ha più bisogno. I funzionari del suo governo hanno un tetto di 1'900 dollari, ciò vuol dire che la maggior parte di loro percepisce il 35% del proprio stipendio, mentre il resto va nel Fondo Raúl Sendic, che concede microcrediti a progetti per lo più di cooperative, senza interessi, senza firmare carte e senza la richiesta di appartenere al Movimento, e a un fondo di solidarietà con cui si presta soccorso ai militanti dell'MPP che stanno attraversando un momento di emergenza economica (si veda http://www.jacopofo.com/-la-vera-incredibile-storia-jose-pepe-mujica-presidente-uruguay).
Qualcuno non è rivoluzionario perché guadagna 239'000 euro all'anno (c'è da dire che sono però lordi e che, a differenza di molti altri politici del suo paese, quest'uomo non prende altre pensioni e vitalizi vari) e il suo palazzo col suo personale costa 228 milioni...milioni...di euro all'anno. Però, perché c'è un però, nel 2009 costava 3,2 milioni in più, quindi 231,2..milioni. Grandi balzi in avanti. Di queste spese si possono registrare almeno 30 milioni di euro per la sicurezza: poliziotti, carabinieri e corazzieri. Ma in un certo modo anche lui è un po' contadino: infatti 157 mila euro vanno per l'acquisto di macchine agricole e del bestiame della splendida tenuta che gli è concessa. (si veda http://www.huffingtonpost.it/2013/02/02/giorgio-napolitano-pubblica-su-internet-il-bilancio-del-quirinale_n_2606256.html e http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/04/12/napolitano-793-uomini-per-la-sicurezza-del-quirinale-costano-40-milioni-allanno/947390/).

Qualcuno è rivoluzionario perché nell'Agosto del 2013 ha firmato la legge per la legalizzazione del matrimonio gay che, al di là dei discorsi di giustizia e diritti, ha considerato come un semplice e palese riconoscimento della realtà.
Qualcuno non è rivoluzionario perché nello stesso anno, 2013, per risolvere l'immobilità del governo del suo paese ha creato il famoso gruppo dei “saggi”, composto da personaggi che rappresentavano alla perfezione lo stato pessimo della politica italiana e che hanno risolto i problemi del governo con diverse.....cosa?? Cosa hanno fatto i “saggi”? Cerco informazioni sul loro operato; a me risulta molto simile al nulla. Se ne avete contattatemi, grazie! P.s. : da sottolineare il fatto che uno degli stessi “saggi”, incastrato da una telefonata, ha dichiarato che essi altro non erano se non un modo per prendere tempo, totalmente inutili. (Si veda http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/03/30/dieci-saggi-nominato-da-napolitano-schede/547507/ e http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/04/04/onida-saggi-di-napolitano-inutili-presto-si-torna-a-votare/551707/).

Qualcuno è rivoluzionario perché ha sostenuto con forza la legge per l'aborto.
Qualcuno non è rivoluzionario perché ha sostenuto con forza un governo disgustoso di larghe intese. Di buono c'è che certe unioni di fatto, sempre nascoste e negate, sono state finalmente palesate!

Qualcuno è rivoluzionario perché nel corso sua presidenza la povertà del paese è passata dal 37% all'11%.
Qualcuno non è rivoluzionario perché nel corso della sua presidenza la povertà del paese è aumentata, la disoccupazione è aumentata, il debito pubblico è aumentato, il consumo di psicofarmaci è aumentato, i suicidi sono aumentati, mentre la percentuale di persone che detengono quasi la metà della ricchezza totale è diminuito: al 10% della popolazione il 46,6% della ricchezza. (Si veda http://www.repubblica.it/economia/2014/01/27/news/bankitalia_povert_famiglie-77044006/). Non sarà certo colpa sua, però...

Qualcuno è rivoluzionario perché ha sostenuto una seria lotta per la legalizzazione della marijuana, e non in nome di una qualche libertà spicciola come spesso se ne parla, ma per provare una nuova strada che colpisca profondamente il mercato dei narcotrafficanti, controllando e gestendo un consumo che avverrebbe comunque per vie illegali e ben meno sicure.
Qualcuno non è rivoluzionario perché la legge Turco-Napolitano è considerata madre della Bossi-Fini....quindi!

Qualcuno è rivoluzionario perché sa benissimo e ammette pubblicamente che il capitalismo e il mercato “scorretti” esistono anche nel suo paese e che il suo potere può ben poco contro l'andamento del mondo globalizzato; ma nonostante questo si oppone e propone assieme al suo governo forme di regolamentazione vere, oneste, che non fungono da specchi per le allodole ma da salvagenti per la gente. Pensa in primis al suo popolo e non alla finanza globale di 'sto cazzo, alle agenzie di rating che declassano o ai patti di stabilità che dichiarano esplicitamente: “Dissangueremo i cittadini ed elimineremo i loro servizi per far sì che i conti tornino...a noi”. (Si veda http://www.libreidee.org/2013/03/fiscal-compact-guarino-il-pareggio-di-bilancio-e-illegale/).
Qualcuno non è rivoluzionario perché, oltre spendere parole e pensieri più per i patti di stabilità assassini, agenzie di rating e mercati finanziari che per i cittadini, nel suo paese è in corso il terzo governo consecutivo instaurato non democraticamente tramite elezioni. Mettetela come volete ma è dal 2011 che delle elezioni non determinano il governo. Crea qualche brivido, ma l'ultimo governo eletto con elezioni è un governo Berlusconi. Come ricorda il filosofo Giorgio Agamben, lo “stato d'eccezione” è una sospensione legalizzata del diritto, e se prolungato non è proprio un grande risultato per la democrazia.

Qualcuno è rivoluzionario perché quando i giornalisti gli chiedono il perché del suo vivere in condizioni di povertà, lui risponde che non è povero chi vive con poco, ma chi ha bisogno di troppo e vive continuamente nell'insoddisfazione. Dice che lui vive benissimo con quello che ha, che supera di gran lunga ciò che hanno molti suoi concittadini.
Qualcuno non è rivoluzionario perché ogni qualvolta nel suo paese scoppiano scandali da far rabbrividire la gente e da far sorgere domande del tipo “ma noi qua cosa ci stiamo a fare?!”, si guarda bene dal condannare o dal prendere una posizione esplicita a riguardo. Più che altro sputa qualche frase fatta, elude, insabbia. Non gli si chiede di mettere in galera o sparare a qualcuno, ma di parteggiare, e non in nome di una fazione piuttosto che di un'altra, ma di un principio, almeno. Invece nel suo paese tutti menano a destra e a manca (ma soprattutto a manca, lato del presidente, in teoria) la storia dei partigiani, e poi nessuno parteggia più per niente, se non per le bugie, per i centri, per i rimandi, per la tristezza.

La tristezza, appunto, che mi coglie quando mi viene in mente che queste parole, questo gioco di opposti, alla fine mi sembra che non vogliano dire nulla. Tristezza che mi coglie quando sento che le mie idee si imbruttiscono perché rimangono mie e rimangono sole, con me; io e loro, qualcuno ascolta, qualcuno no, ma pochi, sempre poche persone. Anche i discordanti sono pochi, così come quelli che invece sono d'accordo. Ma se pochi sono d'accordo e pochi in disaccordo, i tanti dove cazzo sono??? C'è la partita in qualche bar nascosto? Rigiocano Italia – Uruguay perché ormai la federazione aveva speso per venti giorni di soggiorno brasiliano circa 5 milioni di euro e gli scocciava andare già via??? (Spese non a carico dei contribuenti, tranquilli!).
Non so...
Mi viene in mente un'unica cosa: l'esperienza della testimonianza. Uno può essere rivoluzionario, non rivoluzionario, o quello che più gli piace, ma quel che ormai a me interessa è la sua testimonianza. Tu, il tuo agire, le tue parole, le tue scelte, quello che mi fai vedere e quello che nascondi, il tuo modo di presenziare nel mondo; cosa mi dicono queste cose? Nella speranza che scricchiola, nella precarietà più totale e sempre più profonda, nella lucida analisi realista di un futuro che sorride ai più “brutali”, la mano della testimonianza tiene lontana la deriva nichilista.

È chiaro che uno non è un angelo eroe e l'altro non è un mostro terribile. Molto più semplicemente uno è testimone di qualcosa; l'altro non è testimone della stessa cosa, lo è di qualcos'altro.
A voi la scelta della preferenza. (Ops! Ma si possono mettere le preferenze? O possiamo scegliere solo il gruppo di appartenenza e poi le persone le scelgono loro?)

Il gruppo dell'uno era ed è composto da persone del tipo: “l'ultima cosa che posso dire è che furono gli anni più belli della nostra vita. Non abbiamo mai fatto i nostri interessi. Abbiamo dato tutto. E adesso viviamo in un esercizio di interrogazione periodica con quel ragazzino che siamo stati a vent'anni. Io non voglio fare a sessant'anni cose che mi sarei vergognato di fare a venti. Voglio andarmene dalla vita senza amputare delle parti di me stesso. Forse agli altri compagni succede la stessa cosa”. (Trovo che “l'esercizio di interrogazione periodica con quel ragazzino che siamo stati a vent'anni” sia qualcosa di meraviglioso).
Il gruppo dell'altro era ed è composto da persone del tipo: ….lasciamo perdere....



25/06/2014                                   

venerdì 25 aprile 2014

Com'è Giusto!



Meravigliosa sensazione di Giustizia


Abbraccio voi, miei compagni lontani, e vi inondo di affetto

lunedì 13 gennaio 2014

domenica 12 gennaio 2014

Il mostro è l' amore

Il mostro è l' amore.



Non avevo l’ orologio al polso; non serve di questi giorni considerando la facilità con cui si può conoscere la posizione del tempo; è sufficiente osservare il display luminoso di un qualsiasi oggetto tecnologico che ha colonizzato il nostro quotidiano, che sia un computer, un telefono cellulare, quella recente diavoleria che è il tablet o affini.
Al di là di ogni fondante riflessione riguardo a ciò che è necessario o meno allo spirito, all’ impatto ecologico conseguito dalla produzione di uno dei sopracitati, alla continua delega di abilità dell’ uomo alla macchina, ciò che vuole essere vendicata è la primitiva attitudine all’ umano, ormai spacciata per obsoleta, la potenziale trasmissione empatica conseguibile dal contatto solidale, richiesto, ad esempio, per poter formulare la non più elementare, non più prevedibile domanda: “ Scusi, conosce l’ ora? “.
Chi chiede più l’ ora ad un passante? Oppure, chi più si fa spiegare il percorso da un abitante del luogo in cui stiamo transitando, considerando l' ausilio, ovvero la manipolazione, dei navigatori Gps dalla voce metallica o da altre dannate invenzioni accolte con entusiasmo dagli uomini che giustificano la loro legittimità cantando il mantra cieco della comodità?
Ma quale comodità è questa? – chiedo io - quella forse sublimante l’ individualismo, quella che preferiamo ad un abbraccio poichè sostituito da una simpatica emoticon gialla, quella che ha piantato i chiodi sul feretro dei luoghi pubblici, in cui ritrovarsi senza essersi preventivamente contattati poteva essere sorpresa e gioia oppure dispiacere e delusione, delegando l’ incontro al virtuale tessuto connettivo che è il web?

Si, deve essere questa. E noi siamo pazzi, pazzi spaventati che invertiamo rotta se scorgiamo al tramonto di un sentiero buio una figura che ci viene incontro, temendo chissà quali conseguenze mostruose ne deriverebbero. Il mostro è l’ amore e il fraterno che non abbiamo più il coraggio di salutare temo io. 

martedì 3 dicembre 2013

La Jaula de Oro



E alla fine mi sento persino in colpa di avere il mal di gola. In colpa di non riuscire a liberarmi da preoccupazioni che per mia fortuna non sono altro che scelte, perché ho sempre la possibilità di scegliere, io...noi. Non loro però, che non possono far altro che sognare un sogno che non gli appartiene. Noi non resisteremmo una settimana là fuori, in quel mondo così storpiato da un essere umano più selvaggio della natura selvaggia, che al suo confronto impallidisce. È più sicuro il bosco fitto e verde e umido, della mano tesa di un coetaneo; più sicura è la povertà onesta che il tentativo di partecipare alla ricchezza dei responsabili. Noi abbiamo mal di pancia psicosomatici e cervicali tesi, loro bevono l'acqua dei fiumi e dormono se capita.
C'è un mondo che ci sfugge in continuazione, che urla la sua presenza ma che rimane nella penombra, al di sopra del quale s'innalza spavalda una bolla di vetro, artificio dei liberi. C'è un mondo che è stato e viene continuamente stuprato, impoverito, stravolto in una tortura infinita che farebbe rabbrividire il più cattivo fra gli umani, ma che a mala pena sfiora l'umanità tutta. Perché la percezione della massa è sempre diversa, benché fatta della somma dei tanti, è sempre qualcosa di altro. Lenta e silenziosa invita a non gettare lo sguardo troppo lontano, suggerisce l'accettazione sibilandola, impone l'individualismo facendo sì che i tutti rimangano soli, nel loro bisogno, nel loro interesse, nel loro dolore, nella loro distrazione, che è tutta per loro, tutta per noi, che soffochiamo, senza averne il diritto, all'aria aperta.
In quel mondo non si può scegliere di stare fermi e accontentarsi del poco, perché lo spazio dell'umiltà è stato spazzato via da chi ha dato il potere in mano ai criminali, per assicurarsi il proprio lurido interesse, e così non si può scegliere il poco perché spesso non si trova nemmeno quello. E poi cresci traviato dalla contrapposizione, hai uno schermo che ti mostra che lassù, a nord del mondo, c'è una bolla di vetro fantastica, dove i sogni si avverano e tu la guardi e ti senti “uno zoo di animali nella pancia che corrono” dalla voglia di andare a vedere; ti guardi intorno e vedi baracche, e l'incongruenza è troppo forte da digerire. Peccato che se il mondo è diviso in due, la bolla di vetro e il l'inferno della fame, è proprio perché il secondo permette al primo di essere così fantastico e una eccessiva emigrazione in questa direzione romperebbe l'ingranaggio del sistema perfetto. Chi non ha niente però non lo sa, non glielo dicono. Non può accorgersi di quanto a volte possa essere importante il necessario, l'essenziale; non è suo compito farlo. E fa schifo ma purtroppo lo capisce spesso ma non abbastanza spesso, chi è nauseato dal superfluo, chi ha quell'eccesso di “roba” che gli permette di dire “non so cosa fare”, “non so cosa farne”, “non so”. Soffocati, senza averne il diritto, dalla libertà di tutto, all'aria aperta.
Mentre loro attraversano paesi su tetti di treni fatiscenti, abbandonano la loro natura che forse non sanno nemmeno più di amare, costretti a dimenticarselo. Quella natura che però gli rimane dentro, nel profondo, e che viene fuori nell'immagine con cui si disegna la gioia, la speranza: “ lo zoo di animali nello stomaco”. Il quindicenne occidentale medio al massimo potrebbe dire qualcosa come: “ mi sento come se avessi finito il gioco della play station”, o nel migliore dei casi “come se avessi vinto la coppa campioni”. Loro hanno gli animali dentro, ma non sanno riconoscerlo. Incolpevoli recitano una parte che i liberi gli hanno assegnato.
È stupefacente l'interezza con cui questi giovani attraversano l'inferno: saldi in loro stessi, attaccati a quella fede senza la quale si muore prima di arrivare.
Loro sono tre, quelli di Lampedusa più di trecento, quelli di tutto il mondo chissà quanti; chissà quanti esseri umani costretti a sperare una speranza che non gli è concessa, a sognare un sogno che per loro si lascia solo intuire.
Forse l'occidente, il nord del mondo e la sua bolla di vetro, la bandiera a stelle e strisce sporca di colpevolezza, è meglio guardarli da dietro la ringhiera, per non rischiare di finire come carne da macello, come fiocchi di neve nell'oblio del vento.

“Fratello ti sei perso...passando per la frontiera”.

domenica 7 luglio 2013

VENTO DI GUERRA

Immobile. Ogni cosa sembra marmorizzata. O meglio, ogni cosa solida sembra essere marmorizzata. Salda poggia su di un suo simile, anch'esso saldo. Immobile, sì, ma sfuocata; come l'ombra di un fantasma, sembra voglia scomparire. Poi un fremito. Solo chi resta appeso ad un filo può ancora vibrare. Più sensibile si lascia avvolgere dal vento, scalcia sotto i suoi colpi. Ma questo che ci riscalda oggi, così afoso e denso, è un vento malsano, lascia intuire una minaccia. Qui vince il silenzio, quasi nessuno ne parla; ma i più temerari si sono lasciati sfuggire un commento: questo vento puzza di febbre...è un vento di guerra.
Un attimo in più, e poi la marcia dei soldati, cieca e monotona come loro, comincia ad imporsi sul silenzio.
Guardo il vuoto
i miei fogli volano
scompaginati da un vento di guerra.



martedì 4 giugno 2013

Primavera Turca

As our friends overseas, we need your help. Send this message to everyone you know. Create awareness internationally about our plight, or matters are going to get much, much worse. We want all international media channels - soclal and mass - to report this news.

http://supernature.tumblr.com/post/51791957036/for-the-past-few-days-peaceful-turkish-citizens


Divulghiamo. Buona fortuna.

domenica 5 maggio 2013

PARALLELISMI S-FORZATI


«Nelle società tradizionali con Stato monarchico ogni cambiamento di regno provoca un vero e proprio "ritorno agli inizi" », sostiene Georges Balandier, sociologo ed antropologo noto per le sue ricerca nel continente africano, nel suo libro Antropologia politica.
Questa affermazione apparentemente lontana a noi e ai nostri problemi nel tempo come nello spazio, diventa un'occasione imperdibile per quei cultori della provocazione che provano un irresistibile attrazione verso quel che qui chiameremo “parallelismi s-forzati”.
Parlando di rituali di inversione, di ribellione drammatizzata e di momenti di transizione del potere detti “interregni”, il nostro studioso ci mette al corrente che presso i greci antichi i Kronia provocavano un ribaltamento dei rapporti di autorità che aveva come fine quello di ristabilire l'ordine sociale, rafforzando maggiormente il potere centrale. Lo stesso accadeva con i Saturnalia romani: nel rituale un schiavo doveva interpretare il ruolo del cosiddetto “re per scherzo” ed annunciare uno stravolgimento dei rapporti di forza. La cosa veniva associata al disordine pericoloso e spaventava molto la società intera che finiva per desiderare un'unica cosa: il ritorno al regno delle regole.
Questo tipo di rituali sono stati riscontrati poi in Africa, soprattutto in quelli Stati definiti “poco stabili” (definizione che già tende ad avvicinarsi alla nostra posizione).
Pensate che presso gli swazi, popolo dell'Africa del sud, si svolge un rituale annuale che vuole mettere in crisi la posizione del re in carica. Questo diventa oggetto di insulti ed odio da parte del popolo, ed allo stesso tempo viene esaltato ed apprezzato dai membri dei clan regali e dai guerrieri. Il re a questo punto, sballottato tra la volontà popolare e quella dei suoi uomini fidati pieni di buoni interessi a volerlo ancora sul trono, si finge perplesso e fa il prezioso (e l'odore d' Italia si fa più intenso).
Il re non sa chi ascoltare, perché la folla grida e fa paura, e così esita a riprendere il proprio posto a capo della nazione; poi finalmente il caldo sole africano lo scioglie ed egli cede alle richieste dei suoi che, credo io, abbiano fatto appello alla sua competenza, la sua esperienza, la criticità della situazione, la paura del peggio (odore d'Italia ormai chiaro). Giochi fatti e potere ristabilito. Questo rituale chiamato incwala, secondo gli studiosi, serve a liberare ritualmente le forze contestatarie ed a convertirle in fattori di unità e sicurezza, e pare funzionare benissimo!
Ci sarebbero molti altri esempi da fare ma credo sia arrivato il momento di azzardare il parallelismo di cui parlavo in precedenza. Vi pongo una domanda: pensando ai momenti di transizione del potere, alle urla realmente drammatiche ma anche cavalcate e strumentalizzate del popolo, ai re esitanti, che pacati annunciano un inevitabile addio e che poi tornano improvvisamente, con colpi di reni degni dei migliori atleti, giustificati da situazioni di gravità apocalittica che nessun altro potrebbe mai risolvere; pensando alla chiamata corale della pluristuprata responsabilità, pensando a tutti gli uomini/donne del re che lo pregano a gran voce di tornare elogiando la sua grandezza; pensando a queste cose che caratterizzano lo svolgimento e la distribuzione del potere politico nel Stati “poco stabili” africani, dai noi prontamente giudicati primitivi e barbari, non vi viene in mente che cose del genere in una democrazia modernista, progressista, avanguardista ma anche un po' conservatrice, liberista ma anche lievemente socialista (e tutto quel che Gaber ha già detto in altra sede), non potrebbero succedere mai e poi mai?!?! Non trovate ridicolo per noi, così sviluppati e giusti, vedere l'unica vera volontà espressa dalla maggioranza del paese, quella di un cambiamento di rotta, di modi, di pensiero e di azione, di un cambiamento necessario per tutti, economisti e filosofi, operai e contadini, imprenditori e impiegati, presa a calci da uomini marci e privi di un briciolo di lungimiranza? Uomini dotati di un coraggio a me sconosciuto, in grado di sputare menzogne con facilità disumana, che deliranti camminano, o meglio corrono, fianco a fianco al proprio assassino: la loro rigidità, la loro tracotanza.
Allora noi ci ritroviamo così, al secondo governo consecutivo che non risponde alla volontà dei cittadini, e non per mancanza di responsabilità di qualcuno come ci hanno detto, ma perché è così che doveva essere; perché il potere difende in primis se stesso, con la presunzione di essere l'unico a poter risolvere i problemi; perché i veri cambiamenti fanno così paura che è preferibile inseguire un mito suicida piuttosto che provare ad ascoltare parole differenti.
Abbiamo avuto il nostro sfogo di ribellione, la gente è andata in piazza, si sono viste cose bellissime, elettori di partiti diversi uniti nella protesta a quel potere ottuso che non ha schieramento, indifferente, capace di parteggiare solo per se stesso. Ci hanno detto che è colpa degli irresponsabili, del movimento 5 stelle che dice di no a tutto, e per carità, errori ne hanno commessi anche loro; ma per favore non crediamo che qualcuno abbia davvero chiesto loro una collaborazione. A loro sono stati chiesti voti di fiducia e basta, cosa completamente differente, e la dimostrazione ce l'ha data la ri-elezione del re, non africano ma simile nelle dinamiche, Giorgio.
Sembravano sul punto di cambiare ogni cosa, un Partito Democratico nuovo, giovane, consapevole dei passati errori, un Movimento popolare nuovo che invoca partecipazione diretta e altre belle cose, un Berlusconi dato per morto, sommerso dai processi e dalle bugie ormai non più credibili, un vecchio presidente della repubblica a mio parere sopravvalutato (http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/03/31/saggi-di-napolitano-a-sigillo-di-pessimo-settennato/547897/ ) pronto a lasciare posto a qualcun altro, un Mario Monti flop alle elezioni; tutte cose che sembravano bellissime e che invece, come nei brutti incubi, mutano aspetto all'ultimo momento e si trasformano in mostri.
Il risultato più avvilente è il sorriso che Berlusconi ha sfoggiato con orgoglio a ri-elezione di Napolitano avvenuta. Un sorriso simile a quello di un re che, pronto ad essere ghigliottinato in piazza, riesce quasi senza muovere un dito a ribaltare la situazione e a tenere, per l'ennesima ed insopportabile volta, tutti per le palle.
E noi??? «La contestazione rituale si inscrive così nell'ambito delle strategie che permettono al potere di rafforzarsi periodicamente» , dice l'antropologo, ed io concordo con lui. Però noi possiamo dimostrare che ormai abbiamo imparato il trucco, che non abbiamo alcuna intenzione di credere che non poteva e non può andare diversamente e che continueremo a chiamare un'unica cosa, inevitabile e sempre più necessaria: il cambiamento. Non contro l'uno o contro l'altro, ma contro ciò che sta alla radice, contro quel che concede al potere la forza sorda di alimentare se stesso sempre e comunque, perché questi partiti sono il risultato di una logica molto più profonda e non cambieranno mai se non sarà questa a farlo per prima.

domenica 21 aprile 2013

Imploderà

Se si fa scoppiare un petardo sopra una mano aperta, ti bruci, e dopo due settimane te ne sarai dimenticato....e magari lo rifarai, perchè purtroppo noi dalla storia non vogliamo imparare; ma se invece il petardo lo si fa scoppiare all'interno di una mano chiusa a pugno, ecco che qualche dito ti parte di sicuro ed il danno sarà permanente, nel profondo.

 Ecco cosa significa Implodere.

Il mondo ormai è fatto di cose non dette, di persone subdole, di mancanza di etica;  l'importante è avere soldi, possedere. In questo mondo, le persone invece di "esplodere" in maniera manifesta e chiara, preferiscono distruggere gli altri rimanendo nascosti, vigliaccamente.


Ma ormai tutto sta per Implodere, ed è solo colpa nostra...della nostra arroganza.


Ma tutto Imploderà, tutto Imploderà...



giovedì 18 aprile 2013

E BUTTALA DENTRO!!!


Ennesima e molto probabilmente ultima occasione per il Centro Sinistra. Passatemi la metafora calcistica: ci troviamo al minuto 85' della partita più importante delle partite importanti, con la confusa squadra guidata da Bersani, bomber dal piede freddissimo alla sua ultima apparizione da capitano, sotto di una rete. Strano a vedersi ma l'avversario che gli si schiera di fronte è la sua stessa parte marcia. Quella immobile, falsa, innamorata dello status quo (non me ne voglia La Bionda) che infinite volte ha scelto di non essere troppo dura con l'amico/nemico Berlusconi. La posta in gioco è una reale e netta inversione di rotta verso ciò che sarebbe dovuto essere già da molto tempo. Nel corso della gara il team, noto per la sua compattezza simile a quella dell'aria quando è rarefatta, ha sciupato diverse occasioni. Ci sono stati giocatori che hanno tentato alcune azioni sovversive dando consigli eretici scivolati nel nulla. C'era stato chi aveva suggerito di non abbassare troppo la testa con Monti, di non sciupare la lingua a leccare che poi sarebbe stata utile per parlare in campagna elettorale in maniera decente; c'era chi, molto prima del risultato elettorale, aveva addirittura consigliato di non trattare il Movimento Cinque Stelle come fosse spazzatura od un pericoloso gruppo di fanatici guidato da un terrorista fascista (c'è un simpatico articolo di Travaglio che raccoglie le varie opinioni su Grillo http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/02/26/elezioni-2013-da-fassino-a-ferrara-insulti-e-esorcismi-di-chi-aveva-capito/513406/ ); c'era chi aveva detto, dopo le elezioni, che per collaborare realmente con i grillini bisognava fare aperture vere votando per esempio il loro candidato come presidente della camera o del senato (Cacciari). Eppure niente, zero assoluto. Il partito ha proposto un gioco macchinoso, prevedibile, solita maniera insomma. È vero, ha ringiovanito la rosa, inserito nuovi volti femminili, ma la struttura non è cambiata, o perlomeno la volontà di cambiamento non si è espressa in maniera chiara, tant'è che c'è chi all'interno della squadra preme per esserne il nuovo simbolo.
Nonostante tutto questo a cinque minuti dal termine i cinquestelle offrono al Bersani team un assist che ha il sapore della grande occasione. Cross perfetto sulla testa del centravanti. Sul pallone un nome incriticabile: Stefano Rodotà. Cosa farà il nostro bomber? Sfrutterà l'occasionissima e metterà la palla in rete o la manderà malamente alle stelle dimostrando che il suo cranio è effettivamente di forma fallica?

Rodotà è tutto ciò che può volere una coalizione di Centro Sinistra nelle condizioni del nostro Centro Sinistra. Giurista, appartenente alla società civile, professore universitario, sinistroide ma moderato, competente, apprezzato internazionalmente e senza passati turbolenti né oscuri. È persino vecchio (o esperto se volete) ! Insomma è perfetto....se non si volesse trattare con Berlusconi proponendo nomi da far rabbrividire tutti, tranne lui ed i suoi amici. È una delle poche proposte intelligenti del Movimento Cinque Stelle, o meglio è una delle poche proposte del Movimento Cinque Stelle. Votarlo sarebbe una finalmente chiara espressione di cambiamento, il primo passo verso una nuova idea della politica. Di solito per mia natura non mi accontenterei di così poco, ma date le circostanze!

Il nome di Giuliano Amato è stato spesso tirato in ballo in questi giorni. “Se papà era il capo dei ladri, Amato era il vice-ladrone”, “Amato estraneo al finanziamento illegale al partito? Abitava forse sulla luna? Non poteva non essere coinvolto”. Queste sono le parole di Bobo e Stefania Craxi, figli di Bettino. Strano ma vero, mi trovo d'accordo con loro.

Sarebbe triste, avvilente e veramente stupido sbagliare un goal praticamente fatto. Bersani team: e buttala dentro una buona volta!

sabato 13 aprile 2013

Mostra pittorica FKO 2013

L' arte astratta può piacere o meno, infastidire o sublimare, certo è che provoca, fa discutere, e induce a chiedersi cosa sia l' arte, assolvendo così immediatamente un compito di per sé estremamente basico e interessante.
Essa credo debba scuotere, suscitare impeti, di accezione positiva o negativa importa relativamente, ed aprire canali più profondi possibili, l'importante a mio avviso è che non passi inosservata e che sia partecipativa. Non ricordo quale pittore diceva che se i dipinti si potessero tradurre (inequivocabilmente, aggiungo io) a parole non ci sarebbe nemmeno la necessità di dipingerli. L' arte astratta piuttosto che contemporanea è una forma di comunicazione non convenzionale, e per questo segue forme di rappresentazione non tradizionali che potenzialmente possono solleticare e suscitare forme di espansione ed esaurimento più sconosciute pescando nelle zone più recondite dell osservatore. 
Qui presentiamo dunque una piccola mostra online di dipinti, alcuni dei quali, che non me ne voglia l autore, ritengo, basandomi sulla mia ignoranza in materia, appartenenti alla categoria della pittura astratta.
E' una collezione di 9 elementi, assortiti in ordine non cronologico, del giovane e promettente pittore e scultore della Val di Magra Filippo Capitani, in arte FKO, in onore della pittrice messicana Frida Kahlo, della quale egli ama maggiormente, come lui stesso ha dichiarato recentemente in una intervista a Sky Arte, la seconda declinazione pittorica, quella surrealista.
Felici ed onorati di poter accogliere nel nostro blog il suo Esercizio Artistico vi auguriamo un buon Risveglio










domenica 24 marzo 2013

Disarmo culturale first needing!!!

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Il mercato delle armi non conosce crisi. E la Cina è sempre più leader

Nell'ultimo quinquennio le esportazioni dell'industria bellica di Pechino sono aumentate del 162% rispetto al periodo precedente, contro una media del 17 per cento. Regno unito superato in classifica. E l'Italia compensa la frenata europea

Armi
La Cina avanza anche nelle armi. Nel corso del quinquennio 2008-2012, le esportazioni di armi convenzionali nel mondo sono cresciute del 17%, una forte espansione cui ha contribuito in modo decisivo l’industria cinese le cui vendite all’estero sono aumentate del 162% rispetto al periodo precedente (2003-07). Una performance che ha consentito a Pechino di superare in classifica ilRegno Unito entrando a far parte del club dei primi cinque esportatori di armi del mondo per la prima volta dalla fine della Guerra Fredda. Lo ha riferito lo Stockholm International Peace Research Institute (Sipri) nel suo ultimo rapporto pubblicato.
A mantenere la leadership nel mercato mondiale sono sempre gli Stati Uniti con una quota pari al 30% dell’export globale. A tallonare Washington c’è ovviamente la Russia (26%) mentre Germania (7%) e Francia (6%), terza e quarta rispettivamente, seguono a debita distanza. La Cina, come si diceva, ha effettuato il balzo decisivo negli ultimi anni arrivando a conquistare quota 5% contro il 2% del quinquennio precedente. Determinante, per il successo delle armi di Pechino, la crescente domanda del Pakistan, come ha confermato il direttore del Sipri Arms Transfers Programme, Paul Holtom, in una nota ufficiale del centro di ricerca svedese. Le forniture cinesi, ha precisato, raggiungerebbero comunque un crescente numero di Stati.
Nella classifica delle importazioni, rivela ancora il SIPRI, Pechino si piazza al secondo posto con il 6% della quota complessiva globale dietro all’India, prima assoluta con il 12% dell’import planetario. Pakistan (5%), Corea del Sud (5%) e Singapore (4%) completano una Top Five globale interamente asiatica. Tra gli altri aspetti significativi del rapporto si segnala la leadership russa nelle esportazioni di armamenti convenzionali verso il Venezuela (il 66% dell’import di Caracas) e, soprattutto, la Siria (dove si raggiunge il 71%). Impressionanti, poi, i numeri dell’Africa: nell’ultimo quinquennio le importazioni del Continente sono cresciute del 104% rispetto ai cinque anni precedenti ma il traino viene in pratica dal solo Nord Africa dove l’import è aumentato del 350% contro il 5% delle nazioni sub sahariane.
Alla forte domanda del mercato orientale e africano si è contrapposta negli ultimi anni la significativa riduzione della spesa europea. Le importazioni del Vecchio Continente si sono ridotte del 20% nell’ultimo quinquennio a seguito di vari fattori a cominciare dalla conclusione del conflitto in Iraq e dal ridimensionamento della presenza militare in Afghanistan. Determinante, poi, l’effetto della crisi e dei conseguenti programmi di austerity. Negli ultimi 5 anni le importazioni di armi da parte dellaGrecia sono diminuite del 61% facendo precipitare il Paese dal 4° al 15° posto nella classifica delle importazioni del Pianeta.
E l’Italia? Nel rapporto Sipri non se ne parla ma i dati, ovviamente, non mancano. Tra il 1990 e il 2011, ricordano Duccio Facchini, Michele Sasso e Francesco Vignarca nel loro “Armi, un affare di Stato – Soldi, interessi, scenari di un business miliardario”, Roma ha autorizzato export di armamenti per 44 miliardi di euro. Tra il 2006 e il 2010, poi, la Penisola ha compensato da sola il 14% delle esportazioni europee (pari nel loro complesso a quasi 165 miliardi di euro). Un business di successo che ha coinvolto tanto il sistema bancario quanto la regina del settore, quella Finmeccanica protagonista negli ultimi due anni di una serie infinita di guai giudiziari. 

giovedì 21 febbraio 2013




E nessuno che abbia mai il coraggio di rispondere. RISVEGLIO NECESSARIO!

martedì 5 febbraio 2013

Il 25 Aprile ai partigiani, il 27 Gennaio alle vittime dell'Olocausto, l'8 Marzo alle donne e via dicendo.


Quanto è ingiusto e grave incatenare eventi di importanza smisurata, idee e persone morte e vive ad un Solo giorno preciso?

Premetto che non voglio criticare il giorno della memoria e tanto meno l'atto necessario del ricordare, ma riflettere sulle conseguenze che questa "gabbia giornaliera" costruita attorno a tali eventi possa determinare.

Appena tre giorni fa televisioni e giornali hanno proposto una serie infinita di film, documentari, interviste ed articoli che mostravano in tutte le sfumature possibili le atrocità dell'olocausto. Tutti noi (e purtroppo non tutti) ci siamo ricordati di ricordare quanto cattivo sia stato l'essere umano e quanto male sia stato in grado di fare. Ci siamo commossi davanti ad un film, ci siamo chiesti come sia stato possibile di fronte a qualche documentario e ci siamo detti che cose del genere non dovranno assolutamente riaccadere.
Ora, questo credo sia anche giusto e necessario, credo sia importante impressionarsi e non dimenticare mai, ma credo anche che un 27 Gennaio che ci "schiaffa" l'atroce in faccia e ci strappa le lacrime dagli occhi in questo modo, assuma in primis la funzione di "strumento di sfogo e di mea(in quanto essere umano) culpa annuale" piuttosto che quella di dare alle persone la radicale e vera volontà di opporsi agli stermini in generale (cosa a mio parere molto più necessaria).
Cerco di spiegarmi meglio.
Credo che se il giorno della memoria esaurisca la sua infinita potenzialità nel ricordo dell'olocausto e nell'arco di 24 ore allora la tragedia è doppia. Credo che eventi del genere non debbano puntare i fari solo sul singolo caso, bensì fare luce sull'essenza dell'atroce, aiutando ad allargare lo sguardo su tutti i luoghi in cui esso si manifesta, a maggior ragione ORA. Il giorno della memoria non deve servire solo a ricordare che il nazi-fascismo ha compiuto un genocidio, ma deve muovere le persone ad opporsi con forza a qualsiasi tipo di violenza sull'umano.
Perché altri stermini ed altre violenze sono in atto e serve a poco ricordare il passato dimenticando il presente. Perché se fossimo coerenti (e magari molti lo sono ed io lo spero con tutto il cuore) staremmo male ogni volta che sentiamo di quel che sta avvenendo in Siria, in Mali o vedendo che fine ha fatto la democrazia "conquistata" dalla tanto esaltata primavera araba.
Non è nemmeno mia intenzione dire che dovremmo passare le giornate a piangere di fronte alla tv, ma che dovremmo essere radicali nell'opporci all'atroce e radicali nell'andare a COMPRENDERNE le sue CAUSE sì, assolutamente.
Altrimenti tutto si esaurisce tristemente ad una pornografia della morte e del male, che vengono relegati in tempo lontano, in mano a persone ben precise e dei quali ci si ricorda per 24 ore all'anno.

A mio parere il giorno della memoria, così come tutti gli altri giorni importanti, oltre a farci ricordare ciò che è stato deve insegnarci a guardare ciò che è ed a trovare le forme moderne di quei paradigmi che hanno caratterizzato l'olocausto. E se il nazismo prevedeva la superiorità di una razza considerata pura sulle altre, oggi potrebbe essere la società globalizzata dell'estetica della perfezione (concetto discutibile) che sottopone i suoi componenti a raffiche disumane di volti e corpi ritenuti migliori di altri, con il risultato di infiniti disagi. Certo, paragonare l'uccisione programmata al disagio programmato è forse un po' azzardato, ma non credo sia necessario aspettare le più tragiche ed irrimediabili conseguenze per opporsi e denunciare. Inoltre nel mondo globalizzato del mercato ogni evento ha una diffusione enormemente più ampia ed altrettanto enormemente più subdola. Questo è solo un tentativo di deduzione ma ce ne potrebbero essere molti altri.

Un paradosso forte si può ritrovare nell'8 marzo, festa delle donne. Chi ricorda cosa realmente è accaduto l'8 Marzo e chi invece coglie l'occasione per sfamare il mostro del consumismo, festeggiando con uno spaventoso vuoto di contenuti? A me risulta che era stato scelto l'8 Marzo in memoria di 129 donne operaie morte a cause di un incendio (avvenuto in realtà il 25 Marzo del 1911) che scoppiò nella fabbrica dove lavoravano a New York. Non fu solo l'incendio ad ucciderle ma le porte della fabbrica chiuse a chiave dai padroni (gli unici a salvarsi) per evitare pause eccessive o furti, che impedirono loro di fuggire. Queste persone lavoravano 12/14 ore al giorno guadagnando pochissimo ed è stato fatto in modo tale che cose del genere non avvenissero più....negli Stati Uniti. Perché nel resto del mondo avvengono eccome! Un esempio recente è quello della famosa azienda cinese Foxconn di IPHONE(della apple made U.S.A.) dove gli operai costretti a lavorare le stesse ore di quelle donne a New York nel 1911, hanno dato vita ad alcune rivolte, prontamente soffocate. 14 di loro si sono persino suicidati.
E allora io non riesco a comprendere il senso di tutto questo.
Avvengono le tragedie in casa nostra, le innalziamo a giorni della memoria, le ricordiamo piangendo e poi le esportiamo all'estero per poter continuare a consumare Noi il prodotto (PERCHé POI è PRINCIPALMENTE L'OCCIDENTE A COMPRARE) ???

Quale valore continua ad avere qualsiasi giorno della memoria in questi contesti della contemporaneità?

Forse, se la memoria non dà il coraggio alle persone di opporsi radicalmente a 360° a tutti i "derivati-evoluzioni" degli eventi che essa ci ricorda, il suo significato appare vuoto, debole e persino un po' falso.

Probabilmente è un mio limite, ma credo che farei fatica a comprendere le ragioni di chi per mandare un messaggio di auguri per la festa della donna utilizzasse un Iphone, o di chi rimanesse sconvolto di fronte ad un film sull'olocausto però accettando silenziosamente che ogni giorno vengano bruciati quintali di cibo per non far crollare i prezzi del (maledettissimo) mercato. Capisco che sarebbe quasi impossibile per noi che apparteniamo a questa società slegarci completamente da essa, ma cercare di fare il più possibile affinché atrocità ed incongruenze inaccettabili non avvengano è necessario.
Anche per riempire quei gesti istituzionali ai quali ci aggrappiamo per ricordare di essere più buoni.

martedì 8 gennaio 2013

venerdì 4 gennaio 2013

Il Coraggio dell'Essere Lunare


Alla lettura del post precedente mi sovviene il ricordo di una notte più magica delle altre, su di un'isola selvaggia ma mai ostile, in compagnia di amici che sono pezzi di vita. Quella notte la Luna a me appariva così:

Maestosa sfera che schiva la perfezione per scelta, mostri sempre il tuo volto semiurlante di emozione. Chi può dire quale sia la tua indole animica? Nessuno sa cosa nascondi né tanto meno perché lo fai.
Madre generosa offri luce e occhi ai tuoi figli sempre più ciechi per ringraziarti. Chissà il coraggio che trasmettevi a quell'uomo che col buio lottava per necessità, che spaventato alla tua ciclica scomparsa si è sentito perduto. Chissà che gioia il tuo rinascere lento, l'ansia dell'attesa, la palpitazione del rivederti.
Fedele torni sempre, col tuo fare calmo e rotondo di pienezza. Madre che però non vizia i suoi figli, ma che esorta loro ad imparare il coraggio nell'oscuro, a trovare la luce guida anche nel buio profondo, perché l'unico posto che esiste realmente è dentro loro.
Non raccontarci mai il tuo segreto Luna, nascondi e preserva il tuo lato oscuro. Serve agli uomini ignoranti che pensano di poter capire tutto di tutto e di te, mentre invece non comprendono nulla.
Che la tua parte occulta possa essere il nostro limite.

Lo stupore alla Luna.

La luna si sa, ha affascinato da sempre poeti e cantori del Bello, vagabondi e passeggiatori temerari che sfidarono il freddo per volgere il naso all'insù. Perché, anch'esso è noto, le notti invernali, con il loro gelo vivificante, partecipative e contemplative ancor prima di entrare in quello stato sentimentale di ascolto per lo più inspiegabile a parole, accolgono l abbraccio alla luna in una dimensione del tutto speciale e magica.    E' sempre stupefacente ed ogni volta nuovo perdercisi dentro, farla propria, meravigliarsi di cosa sia ed è questa volta diversamente malinconico staccarsi da una simile visione e coricarsi a casa, pur sapendo che essa ancora brilla e abita il cielo, pare di compiere un sacrilegio o qualcosa di comunque snaturato.
E' alla luce (tanto per rimanere in tema) di questa riflessione che mi è venuto alla mente uno scritto, che ben si accorda inoltre, a mio parere, al sottotitolo di questo blog - Perchè raramente di accorgiamo di ciò che accade attorno a noi - che qui vi riporto :

Per comprendere davvero, per conoscere qualcosa è necessaria l' emozione, o ancor meglio il sentimento. Bisogna ri-pensare ciò che credo di conoscere, che sia un fiore, un muro o l' amore di una vita.
Elucubrare arditamente, perchè nel farlo serve coraggio, forte che è il rischio di giungere alla soluzione che in realtà non si conosce nulla!
Smembrare e ripetere innumerevoli volte una parola, fino a Sentirne l' eco in fondo al cuore.
Ed ecco che, a cavallo del riverbero del proprio pensiero troveremo lo stupore, l' eroico stupore, la spia luminosa che ci segnala la meta, l' agognato punto di arrivo delle proprie congetture sulla realtà, la parvenza di una conoscenza, che dura un attimo e poi svanisce. 

venerdì 28 dicembre 2012

Bipolo (-larismo)


La situazione è il classico treno caldo d'inverno. Due ragazze entrano parlando a voce alta nella cabina (era un cazzo di inter-city)



Ma che cazzo c'avranno da urlare                                              E stai calmo dai, non fare il vecchio





Vestite da fighette, una con una valigia                                   Chi sei per giudicare?
rosa di Hello Kitty.                                                                       
                                                                     
Nessuno.                             
   

Ok, hai ragione parte perbenista di me;                                    Aspetta e vedrai.
ma io almeno non ho una valigia di
 Helo Kitty. 


Si siedono, tirano fuori gli I-phone. "io mi metto ad ascoltare la musica" , "io a leggere un libro"







Ambè, legge un libro! Avevi ragione!                                    Te l'avevo detto.


"Ne ho tanti di libri su I-Books, adesso ho scaricato 50 sfumature di grigio." , "mi hanno detto che è bello, ma non l'ho mai letto"



Ma porca troia.                                                                          ......



Che fai non dici più niente?                                                    ......





Rumore di sottofondo. Un tizio che dormiva si sveglia e chiede se possono fare più piano. Iniziano a mandarsi MESSAGGI con il cazzo di cellulare, a vicenda...pur stando a circa 86 cm di distanza.




.......                                                                                          ....                    


                                                                                                     Ma mi spieghi tu chi cazzo ti credi di                 
                                                                                                  essere?                                                                              



Nessuno.                                                                               Allora non pensare male. Hai avuto     
                                                                                               prova che i luoghi comuni sono sempre       
                                                                                               falsi.

Non sempre, spesso.                                                              Ti attacchi alle singole parole.


Fanculo!                                                                               Fottiti.


Credo che ci voglia più                                                       Occhio che poi pecchi di orgoglio.
coraggio a dire quello che pensi
che a fare i perbenisti del cazzo.


Il treno si ferma. "stazione di senigallia". Sigaretta e si inizia a camminare. "appena arrivo a casa scrivo sta stronzata". Ora l'ho fatto. è una gran cosa il fare. Giulianova è alle spalle, ma anche nella mente. "Lugano addio, cantavi". E noi continuiamo a farlo.